mercoledì 11 giugno 2008

RELATIVISMO SANITARIO

Stamattina, da brava tardona previdente, vado a fare uno dei controlli annuali di routine, un'ecografia. L'appuntamento l'avevo preso al Policlinico Casilino (siamo a Roma, per intenderci, ospedale pubblico in periferia) quattro mesi fa. Orario stabilito: 8,20. Sono una tardona precisa, e sapendo di dover pagare prima il ticket, mi presento nell'edificio del poliambulatorio del Casilino alle otto meno dieci. Vedo un sette-otto persone in fila allo sportello dell'accettazione, e per non sbagliare chiedo prima informazioni a un altro sportello intitolato, appunto, informazioni. L'uomo addetto a questa funzione mi dice che sì, l'accettazione devo farla proprio lì. Allora mi metto in fila. Tanto non è lunga, penso, meno male. Ben presto mi rendo però conto di aver ecceduto nell'ottimismo: per sbrigare la pratica, la signora dello sportello accettazioni-ticket ci mette dai cinque agli otto minuti per ogni paziente. Sarà meticolosa, penso. Quando arriva il mio turno - e ormai abbiamo superato l'orario dell'appuntamento, sono ormai le 8,30 circa - ella mi dice che l'accettazione non devo farla lì, ma nell'edificio dall'altra parte della Casilina, dove devo eseguire anche l'esame. Scoloro un po', sto per caricare l'espressione del cazziatone, ma ella mi dice che per dovere di gentilezza mi farà lei questa benedetta accettazione, e poi però mi dovrò recare nell'altro edificio per l'esame. Bene. Dopo sei minuti parto alla volta del mio obiettivo. Entro, mi dirigo nuovamente all'ennesimo sportello per ritirare il numeretto, spiego tutta la faccenda alla signora dello sportello - che non mostra per la mia storia il minimo interesse - e conquisto il numero due. Splendido. Vedo che sono le nove meno un quarto, e penso che fra non molto sarò fuori. La signora anziana col numero uno mi fa notare che lei aveva l'appuntamento alle otto, e che ancora non si vede nessuno. E mentre noi due aspettiamo l'ecografia, ci vediamo sfilare davanti quattro tac, due moc, cinque esami radiologici e due infiltrazioni al ginocchio. Finalmente, alle nove e mezza, chiamano il numero uno per la stanza delle ecografie. È gioia allo stato puro. La signora anziana scatta come un motorino verso la stanza, per tornare dopo un quarto d'ora. Poi un bridivo, un'emozione: numero due. Sono io. Vado, mi stendo, mi spalmano di gel e mi ecografano. Tutto bene, e questo mi allevia l'incazzatura e la preoccupazione di dover arrivare al lavoro molto più tardi del previsto. Le stampiamo subito la risposta, mi dicono. Ottimo, penso io. Ma la stampante s'inceppa, e devono chiamare il tecnico informatico. Dopo altri dieci-quindici minuti decidono che è meglio stampare da un'altra stampante (geniale, a pensarci subito...). Vabè, alla fine riesco ad andarmene. E in tutto questo, non sono neanche irritata più di tanto, perché mi sento sollevata dall'esame andato bene, e da quest'atmosfera di struttura pubblica: almeno sono sicura che non mi danno una falsa brutta notizia per operarmi e pagare la vacanza alle Maldive di qualcuno dei medici, come succede in certe cliniche private. Decadenti e caotiche, non c'è dubbio: ma finché ci sono strutture sanitarie pubbliche, almeno c'è speranza. Teniamocele strette, per carità...

7 commenti:

annamaria ha detto...

se ti può consolare io ho vissuto tutto questo oggi e forse lo vivrò anche domani , ho fatto file e mi sono sbattuta a destra e a manca solo per schivare bush. E alla fine non mi resta neanche la consolazione di un'ecografia

Anonimo ha detto...

a me è successo spessissimo anche quando vai a fare visite a pagamento. Appuntamenti che slittano, gente che passa avanti, un'odissea. Ma quando è il mio turno e sono davanti al medico gliene dico di tutti i colori, così sono riuscita a farmi portare un pranzo da un cardiologo, e a pagare la metà una mammografia.E cavolo mica sono santi, ci dobbiamo far sentire. Alzate la voce.

Dioscorea ha detto...

Sono totalmente solidale. Perdere tempo a causa di Bush è il flagello peggiore.
Si potrebbe consigliare a mister president di approfittare del soggiorno in Italia per farsi anche lui un bel check-up, magari in quella clinichetta di Milano, la Santa Rita...

Dioscorea ha detto...

Questo è per Gianna: come sei riuscita a farti portare a pranzo dal cardiologo?!? Un mito.
Devo dire che la vicissitudine dell'ecografia di ieri tutto sommato non è stata l'odissea veramente assurda che mi è capitato altre volte di sopportare. E lì appuntamenti che slittavano, orari che saltavano... tempo fa pensavo di aver risolto rivolgendomi a una clinica convenzionata che mi sembrava efficente e organizzatissima. Ma non ti nascondo che adesso, dopo la storia della Santa Rita e di altre cliniche indagate a Milano, un brividino di paura ce l'ho...

Dioscorea ha detto...

Sempre per Gianna: ma almeno era caruccio questo cardiologo?

Anonimo ha detto...

non è che sono andata a pranzo col cardiologo,ha mandato l'infermiera a comprarmi il pranzo con tanto di spumantino, dopo che io ho montato un casino

Dioscorea ha detto...

Il panino è meno cinematografico, ma è già un ottimo risultato. Poi lo spumantino è un tocco notevole... magari sperava che ti ubriacassi per farti stare zitta...